

Castelnuovo e Ginzburg rileggono la storia dell’arte italiana mettendo in discussione uno dei dogmi su cui si era basata per secoli. Tale dogma identificava il centro (o i centri) come luogo della creazione artistica, mentre dava alla periferia il significato riduttivo e negativo di semplice lontananza dal centro. Contro questa identificazione tra periferia e ritardo artistico, questo libro racconta la relazione tra «centro» e «periferia» in maniera meno gerarchica (evitando di parlare di una semplice diffusione dei modelli artistici dal primo verso la seconda), ma anche meno pacifica. Spesso infatti, anche quando sembra adeguarsi alle indicazioni del centro, la periferia – o, meglio, le periferie – lo fanno in maniera creativa o comunque a prezzo di resistenze, da conoscere e comprendere. Il lettore capirà come la «dominazione simbolica» del centro sulla periferia non sia un dato di partenza nelle vicende dell’arte e, più in generale, della società italiana, ma sia invece il frutto di un processo secolare di costruzione di modelli e forme capaci di ridurre la diversità all’unità. Quello che oggi è un libro era in origine uscito come capitolo della Storia dell’arte italiana Einaudi. Era il 1979, e l’urgenza del dibattito politico a margine del quale il saggio fu scritto è ben percepibile in alcuni passaggi, come questo: «In un’età di imperialismi e di subimperialismi, in cui anche le bottiglie di Coca-Cola si configurano come segno tangibile di vincoli non solo culturali, il problema della dominazione simbolica, delle sue forme, delle possibilità e dei modi di contrastarla, ci tocca inevitabilmente da vicino». A quarant’anni esatti di distanza, l’attualità di queste parole non si è affievolita. Al contrario: se alla fine degli anni settanta tale giudizio valeva per un’Italia che assisteva alla definitiva perdita della complessità di fronte all’omologazione culturale, alle migrazioni interne e all’inurbamento di massa, oggi, nell’età della globalizzazione, la «dominazione simbolica» si è estesa su scala mondiale. Questo libro non è utile solo agli storici dell’arte per capire come si sia evoluta la carta geografica della produzione artistica italiana, ma a chiunque sia interessato a capire come i modelli estetici estendano la loro influenza sulla società ed, eventualmente, come ribaltare questo stato di cose.
SOMMARIO
7 Prefazione
15 1. Periferia e provincia
16 2. Il caso italiano
17 3. La << Storia >> del Lanzi
22 4. Storia artistica e distribuzione geografica
27 5. Città capitali e città suddite
32 6. Concorrenza e società civile
34 7. Gli squilibri territoriale
36 8. Questioni di lunga durata
49 9. La dislocazione dei centri artistici
41 10. Le città comunali
43 11. Centri di innovazione e aree di ritardo
45 12. Periferizzazione e declassamento
47 13. Vasari
57 14. Fine del policentrismo e nascita della << terza maniera >>
58 15. Un caso esemplare: l'Umbria
61 16. Riflusso e ritardo in periferia
63 Tavole
113 17. Ritardo periferico o ritardo di metodo?
114 18. Periferia come scarto
119 19. La resistenza al modello
120 20. Modello e nuovo paradigma
123 21. L'alternativa di Avignone
124 22. Le regioni di frontiera
127 23. L'esilio del Lotto
129 24. Urbino e Barocci
130 25. Il Seicento e il Settecento
132 26. Centro e periferia, persuasione e denominazione
134 27. La dominazione simbolica
137 28. La dinamica delle opere
139 29. La dinamica degli artisti
142 30. La dinamica dei committenti
144 31. La Chiesa dopo Trento
146 32. I conti con l'Europa
153 Note
Enrico Castelnuovo
Storico dell'arte italiano (Roma 1929 - Torino 2014). Laureatosi a Torino con A. M. Brizio, si è specializzato a Firenze con R. Longhi (1954) con la tesi poi pubblicata in un volume dal titolo Un pittore italiano alla corte di Avignone. Matteo Giovannetti e la cultura in Provenza nel sec. XIV (1963; nuova ed. ampliata 1991). Ha insegnato a Losanna (1964-83), Ginevra (1970-71) e Torino (1979-82); dal 1983 prof. di storia dell'arte medievale presso la Scuola normale superiore di Pisa, di cui oggi è professore emerito
Carlo Ginzburg
uno storico italiano. Ha insegnato Storia moderna a Bologna, negli Stati Uniti (Yale, Princeton), a Londra (Warburg Institut) e Parigi (Ecole Pratique des Hautes Etudes) ed è professore emerito alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Collabora a numerose riviste di studi storici («Annales», «Quaderni storici»). Ha pubblicato I benandanti (1966), Il formaggio e i vermi (1976), Indagini su Piero
(1981), Miti emblemi spie (1986), Occhiacci di legno (1998), Rapporti di forza (2001), Il filo e le tracce (2006) e Paura reverenza terrore (2015).