Ugo Mulas

Alexander Calder

con un testo di Giulio Carlo Argan

Imago, 1
2008, 64 pp., 48 tavv. in tricromia
Brossura, 20x27
ISBN: 9788889854198

€ 18,90
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Quarta

Ugo Mulas e Alexander Calder. Un grande fotografo e un grande artista legati da un’amicizia profonda. Il frutto visibile di questo incontro sono le centinaia di foto dell’istrionico artista americano, delle sue opere e delle sue case di Roxbury e Saché (Stati Uniti e Francia) scattate da Mulas, che intese comporle in un «album di famiglia che rivelasse l’amore per il suo lavoro e la gioia che la sua amicizia mi dava». La scelta selezionatissima di immagini qui presentata, curata da Melina Mulas, figlia di Ugo e a sua volta nota fotografa, mette in evidenza il ruolo di critica d’arte non verbalizzata dello sguardo di Mulas. Il fotografo seppe infatti cogliere, come scrive Argan, «con incredibile finezza l’affinità genetica tra le opere e l’artista che le faceva, e nello stesso tempo la loro intima contraddizione, come se la leggerezza delle sculture riscattasse la gran massa del corpo dello scultore e la loro volubilità fosse uguale a quella del suo carattere bonario e capriccioso, espresso dal ciuffo dei capelli bianchissimi sempre scompigliati da un vento inesistente».

Alexander Calder (1898–1976), figlio di artisti mostra fin dall’infanzia un’attitudine alla manipolazione dei materiali che svilupperà per cambiare profondamente il corso dell’arte moderna. Straordinario inventore di caricature e animali in fil di ferro (celeberrimo il suo Circo), agli inizi degli anni trenta passò alle sculture astratte nelle quali inserì ben presto elementi mobili: tali sculture, chiamate mobiles, sono tra le opere più celebrate dell’arte del Novecento. In esse Calder «prendeva la materia e la trasformava in immagine, leggera come un soffio».

Autore

Ugo Mulas
Nato a Pozzolengo, nel bresciano, e vissuto a Milano (1928-1973), è considerato uno dei maggiori fotografi italiani del Novecento. Dagli anni dell’università frequenta Brera e gli ambienti artistici milanesi, e si avvicina alla fotografia da autodidatta; il suo grande interesse per il mondo dell’arte è testimoniato dai reportage alla Biennale di Venezia (cominciati nel 1954, e realizzati poi per tutte le edizioni successive fino al 1972), dai numerosi scatti commissionati per cataloghi di mostre, e dalla eccezionale documentazione della scena artistica newyorkese, immortalata in più riprese tra il 1964 e il 1967.